Tararì tararera…

tarari_tararera_introNel settore degli albi illustrati, uno dei più grandi capolavori degli ultimi anni è senza dubbio Tararì tararera… di Emanuela Bussolati (Carthusia, 2009). Le immagini e le parole (entrambe dell’autrice) creano insieme una storia unica nel suo genere. La particolarità del libro è data, infatti, dall’essere scritto in una lingua inventata, una sorta di non-lingua (la lingua Piripù), che però, se letta in modo espressivo e dopo un’accurata preparazione, diventa chiarissima nel suo significato, combinandosi appunto con le illustrazioni.

Tararì tararera… è il primo libro di una collana (La biblioteca di Piripù), che al momento conta altri due titoli, Badabùm e Rulba rulba, che ne mantengono inalterato il fascino. La bravura straordinaria dell’autrice è stata quella di giocare con le formule tipiche delle storia (come il “c’era una volta” iniziale) e le componenti tradizionali (come la presentazione dei personaggi con il loro nome), traducendole però nella sua lingua inventata. Ad esempio, la pagina iniziale del racconto suona così:

Tararì tararera… sesa terù di Piripù: Piripù Pà, Piripù Ma, Piripù Sò, Piripù Bé e Piripù Bibi.

E può essere tradotta più o meno con queste “nostre” parole:

C’era una volta… la famiglia dei Piripù: papà Piripù, mamma Piripù, la sorella Piripù, la bimba Piripù e il piccolo Piripù.

Ovviamente il significato si ricostruisce, come detto, abbinando le parole alle immagini, con il contributo decisivo delle dimensioni dei caratteri che, nell’esempio appena riportato, si collegano facilmente ai personaggi: il nome del papà Piripù, che è anche il personaggio più grande, è scritto con lettere più grandi, mentre quello del piccolo Piripù, che è il personaggio più piccolo, con i caratteri più piccoli. E il lettore-attore accorto saprà creare delle significative corrispondenze tra le dimensioni dei caratteri e l’intonazione della voce.

La forza del libro sta anche e soprattutto nel linguaggio che diventa universale: non c’è bisogno di traduzioni in altre lingue reali perché possa essere letto e apprezzato da bambini di tutto il mondo. Su YuoTube, potete ad esempio vedere con i vostri occhi quali sono le divertite reazioni dei bambini di un villaggio africano di fronte a una lettura espressiva del testo.

Gli impieghi didattici sono moltissimi, dall’oralità alla scrittura: può essere ad esempio utile e molto divertente chiedere ai bambini di ri-raccontare la storia con loro parole, sia in forma orale (con i più piccoli), sia in forma scritta (con i più grandi), con la guida delle immagini. Premessa indispensabile per la buona riuscita di qualsivoglia attività è la lettura del docente: si tratta di una lettura impegnativa, per niente facile, che richiede preparazione ed esercizio, e che andrebbe supportata da mimica e gestualità, e dal costante dialogo fisico con il libro, le cui immagini e parole vanno indicate in concomitanza con la lettura, per rendere più chiara e immediata l’interpretazione dei bambini. Importante, infine, la predisposizione di un ambiente d’ascolto ideale, che assicuri a tutti la possibilità di vedere il lettore e il libro senza distrazioni.

Tararì tararera… ha vinto il Super Premio Andersen nel 2010 come libro dell’anno.

Cliccando qui potete scaricare una serie di idee per percorsi didattici per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria a partire dalla lettura del libro.

Il posto delle parole

trsradioSabato 24 gennaio «Il piacere di scrivere» è tornato in radio: Simone Fornara è stato ospite in diretta della trasmissione “Il posto delle parole” di TRS Radio (Tele Radio Savigliano) e del suo conduttore Livio Partiti.

Per circa venti minuti si è parlato della scrittura di oggi, spaziando su molti fronti: dalle difficoltà più ricorrenti e gli errori più diffusi al problema di mettere ordine alle idee prime di scrivere, passando per la necessità di adeguare il proprio stile allo scopo e al destinatario del nostro testo (in altre parole: indossare l’abito giusto per ogni occasione). Con un accenno finale al senso profondo del mestiere dell’insegnante: riprendendo L’ora di lezione di Massimo Recalcati, trasformare il sapere in un oggetto di desiderio.

Per ascoltare la conversazione, cliccare sul player qui sotto:

 

Quando due macchie fanno una storia

Inauguro oggi una nuova categoria di articoli del mio blog dedicata ai libri. Si tratta di rapide riflessioni su libri e letture, in particolare sugli albi illustrati (ma non solo), con qualche proposta di attività didattiche per diversi ordini scolastici. L’auspicio è che queste mie segnalazioni possano servire a qualche docente alla ricerca di nuovi stimoli per trasmettere il piacere di leggere e di lavorare su testi d’autore. Bei testi, dunque, che vale la pena di (ri)portare sui banchi.

E iniziamo con uno dei più grandi classici del genere, a partire da una domanda: è possibile che da due macchie di colore nasca una storia? La risposta è che sì, è davvero possibile. A patto che chi l’ha pensata, questa storia, sia un autore geniale e molto creativo, come Leo Lionni (Olanda, 1910 – Italia, 1999), pittore, grafico, scrittore, scultore e infine instancabile illustratore di libri per bambini. Tanti, infatti sono i titoli che può vantare la sua stimolante produzione per l’infanzia, pubblicata in Italia dalla casa editrice Babalibri di Bologna (una delle più attente alla qualità del libro illustrato per ragazzi, e non solo alle leggi del mercato). Per saperne di più sulla sua vita e sulla sua opera, vale la pena di visitare la pagina http://www.randomhouse.com/kids/lionni/aboutlionni.php e quella a lui dedicata dall’editore Babalibri (http://www.babalibri.it/dettaglio.asp?col=2&id=39#per) dalla quale traggo questa bella citazione:

Di tutte le domande che mi sono state rivolte come autore di libri per bambini, la più frequente senza dubbio è: “come vengono le idee?” Molte persone sembrano credere che il modo in cui si ottiene un’idea sia allo stesso tempo misterioso e semplice. Misterioso, perché l’ispirazione si pensa provocata da un particolare stato di grazia concessa solo alle anime più fortunate. Semplice perché si crede che le idee caschino dentro la testa, già tradotte in parole e immagini, pronte per essere trascritte e copiate sotto forma di libro con tanto di pagine finali e copertina. Niente è più lontano dal vero. Talvolta, dall’infinito flusso della nostra fantasia, all’improvviso emerge qualcosa di inaspettato che, per quanto vago possa essere, sembra contenere una forma, un significato e, più importante, un’irresistibile carica poetica. Il senso di fulmineo riconoscimento grazie al quale trasciniamo questa immagine fino alla piena consapevolezza, rappresenta l’impulso iniziale di tutti gli atti creativi… Altre volte, devo ammetterlo, la creazione di un libro si trova nell’improvvisa e inspiegabile voglia di disegnare un certo tipo di coccodrillo.

Il caso delle macchie di colore è uno dei più lampanti esempi del suo genio, capace di collocare il suo punto di vista all’altezza degli occhi del giovane lettore, per guardare le cose con uno stupore ingenuo e ancora incontaminato. Il libro si intitola Piccolo blu e piccolo giallo (Babalibri, 1999), ed è la storia di due amici che si incontrano e diventano tutt’uno nella loro grande amicizia. Una storia che diventa un’esperienza di lettura unica nel suo genere, soprattutto quando si ha l’occasione di accompagnare un bambino in questo piccolo viaggio della fantasia.

Ed è proprio scorrendo le pagine insieme a un lettore non ancora lettore (o a un lettore alle prese con i suoi primi incontri con la pagina scritta e illustrata) che si può apprezzare appieno l’idea e la realizzazione: le macchie che a noi adulti troppo razionali possono sembrare indistinte non impiegano neppure qualche secondo per pulsare della vita immaginata dei due amici Piccolo Blu e Piccolo Giallo e delle loro famiglie. Le macchie diventano persone (il papà è la macchia grande, la mamma è la macchia media, il bambino è la macchia piccola), case, aule scolastiche, siepi, alberi, montagne; gli atteggiamenti delle macchie si trasformano in posture dei corpi, in gesti di accoglienza o di allontanamento, così forti da portare l’amico macchia a sgretolarsi in minute lacrime di colore e dolore. Fino all’allegra e rasserenante fusione di colori finale.

E alla fine, quasi senza accorgersene, il piccolo lettore e l’adulto che l’accompagna scoprono insieme che basta poco per parlare dell’amicizia, della solitudine e dell’amore.

Sugli utilizzi in classe di questo piccolo capolavoro ci sarebbe molto da dire, ma mi limiterò a una rapida suggestione: a prima vista adatto solo a bambini molto piccoli (scuola dell’infanzia), rivela invece, a un esame accorto e approfondito, universi di senso che lo rendono per nulla banale anche con i più grandi (scuola primaria), magari combinando le attività di ascolto con quelle di scrittura e manipolazione del testo.

Piccolo giallo e piccolo blu ha vinto il premio Andersen 2001.

Cliccando qui è possibile scaricare un esempio di attività per la scuola dell’infanzia.

«Il piacere di scrivere» alla radio

Scrittura grafologiaSimone Fornara e Luca Cignetti ospiti in diretta di Antonio Bolzani durante la trasmissione radiofonica “La consulenza” di RSI Rete Uno (martedì 16.12.2014).  La trasmissione è stata una bella occasione per discutere della scrittura delle giovani generazioni, tra “doveri” scolastici e pratiche “digitate” legate ai nuovi mezzi di comunicazione.

Quanto si scrive a scuola? Come? Quali sono le difficoltà più ricorrenti nella scrittura dei ragazzi del terzo millennio? Ed è proprio vero che le nuove tecnologie sono all’origine del presunto scadimento delle competenze di scrittura?

Le risposte a queste e ad altre domande nella registrazione audio della trasmissione, che si può ascoltare cliccando su questo link.

Il piacere di scrivere

copertinaÈ da qualche settimana nelle librerie Il piacere di scrivere. Guida all’italiano del terzo millennio, di Luca Cignetti e Simone Fornara (Roma, Carocci, 2014). La prefazione è di Luca Serianni, che lo definisce «Una palestra indispensabile per mettersi nel mare della nostra lingua senza il rischio di restare in panne nel corso della navigazione». Si tratta di un manuale di scrittura che trae linfa vitale dai circa 2.000 testi raccolti nelle scuole ticinesi nell’ambito della ricerca TIscrivo.

Ciò che rende particolare il manuale è l’impostazione diversa dal consueto: si parte, cioè, dai veri problemi della scrittura di oggi (documentati appunto da numerosi esempi reali, in gran parte prodotti da studenti ticinesi di diverse fasce di età: dai bambini delle scuole elementari agli studenti degli istituti universitari), ai quali viene dedicato ampio spazio, proponendo strategie, soluzioni pratiche ed esercizi stimolanti e innovativi. Per questo motivo, ad esempio, il lettore troverà subito risposte concrete a dubbi ortografici, a incertezze nell’uso dei segni di punteggiatura, a svarioni lessicali e a problemi nella costruzione del testo.

Il tutto nella convinzione che il dovere di comporre testi possa anche trasformarsi nel piacere di scrivere.

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