Archivi tag: babalibri

Dal bidello Ulisse a parlare di libri

Schermata 2015-10-14 alle 09.39.13Mercoledì 7 ottobre 2015 Simone Fornara è stato ospite della trasmissione di Teleticino Il bidello Ulisse nella rete dei libri, ideata e condotta da Daniele Dell’Agnola.

A partire dal seguente brano di Stephen King (tratto da Danse macabre, Roma-Napoli, Theoria, 1992, p. 391) , i due colleghi hanno parlato del “terzo occhio”, cioè della capacità della mente infantile di restare aperta sul mondo, e di come questa strabiliante facoltà immaginativa si restringa a tunnel col passare del tempo (su questo stesso tema, si veda anche questo articolo della rubrica Libri sui banchi).

La mia idea della crescita è che il processo consista essenzial- mente nello sviluppo di una visione ristretta delle cose, come se la mente entrasse in un tunnel, e in una graduale ossificazione della facoltà immaginativa […]. I bambini [invece] vedono tutto, considerano tutto; l’espressione tipica di un piccolo che è sazio, asciutto e ben sveglio sono due occhi spalancati che osservano tutto.

L’attenzione si è poi spostata su due albi illustrati che sembrano trattare in modo quasi esplicito il tema del “terzo occhio”, messo in contrasto con la razionalità a volte ottusa dell’adulto: La sedia blu di Claude Boujon (Milano, Babalibri, 2011) e Hurricane di David Wiesner (Boston, Houghton Mifflin Harcourt, 1992).

Il filmato completo della puntata è visualizzabile cliccando qui.

Quando i dettagli fanno la differenza

buongiorno-dottore_37477Una caratteristica comune a tutti gli albi illustrati ben riusciti (tranne il caso limite dei silent books, cioè degli albi solo illustrati, senza parole) è il rapporto di interdipendenza tra parole e immagini. Le due dimensioni iconica e verbale, infatti, se l’albo è composto con equilibrio, dialogano tra di loro formando un tutt’uno inscindibile. E, per ottenere questo effetto, l’attenzione ai minimi dettagli si rivela un fattore decisivo.

È proprio il caso degli albi illustrati di Matthieu Maudet, autore-illustratore che lavora sia da solo, sia in coppia con altri scrittori, e sempre con risultati di tutto rilievo. Come per i due libri cartonati Buongiorno postino e Buongiorno dottore, entrambi pubblicati in traduzione italiana da Babalibri e con il testo di Michael Escoffier.

Prenderemo in esame il più divergente dei due, cioè Buongiorno dottore (2010), illustrato da una storia che nelle prime pagine e quasi fino alla fine sembra essere assolutamente normale, cioè per nulla divergente, ma nei canoni delle storie tranquillizzanti fatte apposta per intrattenere i lettori più piccoli. Anche la veste tipografica dell’albo, formato quadrato e pagine spesse di cartone rigido, fa pensare ai libri destinati a bambini che ancora non sanno leggere, e che con il libro hanno un rapporto fisico fatto di mordicchiamenti e lanci improvvisi (dell’oggetto-libro).

Ma, osservandolo e leggendolo (o ascoltandolo) con molta attenzione, ci si accorge che qualcosa non torna. Qualche dettaglio stona con la serenità apparente della situazione (e anche con l’aspetto innocente e colorato del libro): siamo in una sala d’attesa di uno studio medico, con sei pazienti (tutti animali, ma di diverse stazze) che aspettano il proprio turno leggendo riviste e giornali o sonnecchiando. Il dottore interviene con pacatezza e delicatezza, risolvendo i problemi di tutti (un bastoncino di lecca-lecca incastrato tra i denti di un coccodrillo, un chewingum infilato a ostruire la proboscide di un elefante) senza generare dolore. Al termine di ogni visita, il dottore sporge la testa nella sala d’attesa e chiama: «Il prossimo!». Solo che i conti non tornano: i pazienti ancora in attesa sono sempre uno in meno di quanti ce ne dovrebbero essere. Fino a quando il prossimo è il lupo. E allora si capisce tutto.

Che fine hanno fatto il coniglio e il papero? E che fine fa il dottore? E quella pecora, ultima rimasta, che fine farà?

Insomma, la divergenza emerge in modo eclatante nelle ultime pagine, ma – rileggendo a ritroso il tutto e stando attenti ai minimi dettagli – si può scoprire in realtà che qualche segnale è presente sin dalla primissima pagina dell’albo, quella che ritrae i sei pazienti in placida e tranquilla attesa. O meglio, i cinque più uno. Cioè il lupo, che, con la lingua penzoloni, finge di leggere il quotidiano che tiene fra le zampe, mentre guarda con appetito il coniglio che gli sta proprio accanto. E, se si osserva ancora meglio, si nota che sulla prima pagina del quotidiano c’è una foto che raffigura il ricercato numero uno, che ha proprio le fattezze del… lupo!

Da qui in poi i dettagli si moltiplicano, ma il succo resta lo stesso: un libro che costruisce la sua divergenza sul microscopico, e che pare fatto apposta per sviluppare la capacità di osservazione dei giovani lettori. Già la prima pagina è un piccolo capolavoro da sfruttare in senso didattico, una miniera di spunti per chiedere ai bambini di formulare ipotesi sul contenuto della storia: che cosa potrà succedere a questi sei animali?

E sono proprio le quattro immagini a doppia pagina, cioè tutte quelle che illustrano la sala d’attesa e i mutamenti che la caratterizzano dall’inizio alla fine, a costituire l’ossatura della storia, tanto che si potrebbero tranquillamente estrapolare dal libro, eliminando tutte le altre, e la storia resterebbe invariata. Anzi, si potrebbero addirittura presentare ai bambini, chiedendo a loro di inventare le pagine “di contorno”, per poi confrontarle con quelle originali. Ma gli spunti didattici non si esauriscono certo qui.

Insomma, una delle migliori dimostrazioni che l’albo illustrato può diventare una vera opera d’arte, grazie a un sapiente dosaggio di immagini, parole e… dettagli.

I lupi belli, furbi e forti (e illusi!) di Mario Ramos

ramos_sono_io_forteNel 2012 se ne sono andati due grandi autori di albi illustrati, l’americano Maurice Sendak, di cui abbiamo parlato a proposito del suo capolavoro Nel paese dei mostri selvaggi, e il belga Mario Ramos (1958-2012). Ramos se ne è andato un po’ troppo presto, ma ha avuto comunque il tempo di scrivere circa trenta libri per bambini, una buon parte dei quali è disponibile in italiano grazie alla “solita” Babalibri, specializzata nella traduzione e pubblicazione di questo genere di narrativa che arriva dall’estero.

Il tratto di Ramos è inconfondibile: molto colorato, vivace, e al contempo semplice e diretto. I suoi protagonisti, prevalentemente lupi più o meno giovani, fanno quasi sempre una brutta figura: vogliono sembrare cattivi, forti, belli e furbi, ma non ci riescono mai del tutto, perché vanno incontro a inevitabili e meritate delusioni e disillusioni.

Come esempio della sua opera si può scegliere Sono io il più forte (Babalibri, 2002), la storia di un grande lupo cattivo che, dopo aver mangiato a sazietà, si aggira per il bosco allo scopo di sentirsi appunto dire che è lui il più forte, beandosi poi tra sé e sé per il fatto che ciò avvenga puntualmente. E come potrebbero negarlo un piccolo coniglio dalle orecchie lunghissime, la piccola Cappuccetto Rosso, i piccoli Tre Porcellini, e gli altrettanto piccoli Sette Nani? Ma l’inatteso è dietro l’angolo (o dietro il prossimo albero): una specie di piccolo rospo che si permette di contrastare le attese del lupo cattivo e presuntuoso. E lo fa perché dietro di lui c’è la sua mamma. E chi è la sua mamma? Be’, guardate bene la copertina del libro, a proposito della quale Mario Ramos diceva: «Ce que le loup ne sait pas c’est que la maman se trouve déjà sur la couverture… oui, oui, regardez-bien, juste derrière le loup.»

Perché proporre in classe i libri di Ramos? Perché sono storie divertenti, ben scritte, con disegni d’effetto, simpatici, colorati, con personaggi molto ben riusciti, e perché veicolano messaggi molto diretti in modo efficace. Insegnamenti morali, sì, ma non moraleggianti, cosa che risulterebbe scontata e banale. E poi perché si prestano a una miriade di utilizzi diversi, dall’oralità alla scrittura, passando per l’avvicinamento alla lingua francese, se si scelgono le edizioni originali.

Un ultimo suggerimento: andate a curiosare sul sito dell’autore (www.marioramos.be), e troverete un sacco di curiosità sui suoi libri, proprio attraverso le sue parole.

Quando l’inconscio infantile entrò negli albi illustrati

sendak_nel-paese-dei-mostri-selvaggiMaurice Sendak (USA, 1928-2012), scrittore e illustratore, ha pubblicato quello che è considerato il suo capolavoro (Nel paese dei mostri selvaggi, il cui titolo originale è Where the Wild Things Are) nel 1963. Di sé diceva: «I don’t write for children. I don’t write for adults. I just write.» Come dargli torto? Impossibile, perché è senz’altro vero che la scrittura, i libri, anche quelli etichettati di solito “per bambini”, quando sono scritti bene, parlano a tutti, indipendentemente dall’età.

Ed è così per il suo più noto albo illustrato, Nel paese dei mostri selvaggi (Babalibri, 2011), appunto, che rivoluzionò il mondo dei picture book, sancendo l’ingresso in questo genere narrativo dell’inconscio infantile. Il suo libro contribuì in modo decisivo a rompere gli schemi tradizionali della letteratura per l’infanzia: non più storie solamente edificanti, con insegnamenti morali espliciti, il più delle volte tese a dimostrare che i comportamenti “cattivi” vanno incontro a punizioni e quelli “buoni” ai giusti premi, ma storie “divergenti”, in cui i protagonisti fanno ciò che non bisognerebbe fare e anche attraverso la trasgressione arrivano a crescere.

Il protagonista del libro è Max, un ragazzino che ne combina tutti i colori, fino a rivoltarsi contro la madre, che gli infligge la classica punizione dell’“A letto senza cena!”. Ma è proprio da questa punizione che Max parte per un viaggio immaginario che dalla sua cameretta chiusa e desolata lo porta in un mondo aperto e trasgressivo, in cui diventa il re dei mostri selvaggi, creature affamate e demoniache che, come lui, ne combinano di tutti i colori. Per poi avvertire la nostalgia di casa, e iniziare un lento cammino a ritroso, che lo riporta nella sua cameretta dove, ora, aleggia nell’aria un buon profumo di cibo. Un vero percorso di crescita che si compie nello spazio onirico di una notte, e che viene magistralmente raccontato dall’arte di Sendak, che combina perfettamente il testo alle immagini: si pensi ai disegni dapprima racchiusi in riquadri (quando Max è “recluso” in camera), e poi “esplosi” sulle due pagine, senza testo, nel momento in cui il bambino, divenuto re di questo mondo onirico, scatena la ridda selvaggia e balla danze sfrenate, liberatorie e bestiali insieme ai mostri che lo venerano appunto come il loro sovrano.

Un testo affascinante, che non ha smesso di parlare neppure oggi, a cinquant’anni dalla sua prima edizione, e che si presta ad accese discussioni in classe sulle paure segrete dei bambini e sulle loro piccole e grandi trasgressioni.

Cliccando qui, è possibile scaricare un’attività didattica per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria.

Quando due macchie fanno una storia

Inauguro oggi una nuova categoria di articoli del mio blog dedicata ai libri. Si tratta di rapide riflessioni su libri e letture, in particolare sugli albi illustrati (ma non solo), con qualche proposta di attività didattiche per diversi ordini scolastici. L’auspicio è che queste mie segnalazioni possano servire a qualche docente alla ricerca di nuovi stimoli per trasmettere il piacere di leggere e di lavorare su testi d’autore. Bei testi, dunque, che vale la pena di (ri)portare sui banchi.

E iniziamo con uno dei più grandi classici del genere, a partire da una domanda: è possibile che da due macchie di colore nasca una storia? La risposta è che sì, è davvero possibile. A patto che chi l’ha pensata, questa storia, sia un autore geniale e molto creativo, come Leo Lionni (Olanda, 1910 – Italia, 1999), pittore, grafico, scrittore, scultore e infine instancabile illustratore di libri per bambini. Tanti, infatti sono i titoli che può vantare la sua stimolante produzione per l’infanzia, pubblicata in Italia dalla casa editrice Babalibri di Bologna (una delle più attente alla qualità del libro illustrato per ragazzi, e non solo alle leggi del mercato). Per saperne di più sulla sua vita e sulla sua opera, vale la pena di visitare la pagina http://www.randomhouse.com/kids/lionni/aboutlionni.php e quella a lui dedicata dall’editore Babalibri (http://www.babalibri.it/dettaglio.asp?col=2&id=39#per) dalla quale traggo questa bella citazione:

Di tutte le domande che mi sono state rivolte come autore di libri per bambini, la più frequente senza dubbio è: “come vengono le idee?” Molte persone sembrano credere che il modo in cui si ottiene un’idea sia allo stesso tempo misterioso e semplice. Misterioso, perché l’ispirazione si pensa provocata da un particolare stato di grazia concessa solo alle anime più fortunate. Semplice perché si crede che le idee caschino dentro la testa, già tradotte in parole e immagini, pronte per essere trascritte e copiate sotto forma di libro con tanto di pagine finali e copertina. Niente è più lontano dal vero. Talvolta, dall’infinito flusso della nostra fantasia, all’improvviso emerge qualcosa di inaspettato che, per quanto vago possa essere, sembra contenere una forma, un significato e, più importante, un’irresistibile carica poetica. Il senso di fulmineo riconoscimento grazie al quale trasciniamo questa immagine fino alla piena consapevolezza, rappresenta l’impulso iniziale di tutti gli atti creativi… Altre volte, devo ammetterlo, la creazione di un libro si trova nell’improvvisa e inspiegabile voglia di disegnare un certo tipo di coccodrillo.

Il caso delle macchie di colore è uno dei più lampanti esempi del suo genio, capace di collocare il suo punto di vista all’altezza degli occhi del giovane lettore, per guardare le cose con uno stupore ingenuo e ancora incontaminato. Il libro si intitola Piccolo blu e piccolo giallo (Babalibri, 1999), ed è la storia di due amici che si incontrano e diventano tutt’uno nella loro grande amicizia. Una storia che diventa un’esperienza di lettura unica nel suo genere, soprattutto quando si ha l’occasione di accompagnare un bambino in questo piccolo viaggio della fantasia.

Ed è proprio scorrendo le pagine insieme a un lettore non ancora lettore (o a un lettore alle prese con i suoi primi incontri con la pagina scritta e illustrata) che si può apprezzare appieno l’idea e la realizzazione: le macchie che a noi adulti troppo razionali possono sembrare indistinte non impiegano neppure qualche secondo per pulsare della vita immaginata dei due amici Piccolo Blu e Piccolo Giallo e delle loro famiglie. Le macchie diventano persone (il papà è la macchia grande, la mamma è la macchia media, il bambino è la macchia piccola), case, aule scolastiche, siepi, alberi, montagne; gli atteggiamenti delle macchie si trasformano in posture dei corpi, in gesti di accoglienza o di allontanamento, così forti da portare l’amico macchia a sgretolarsi in minute lacrime di colore e dolore. Fino all’allegra e rasserenante fusione di colori finale.

E alla fine, quasi senza accorgersene, il piccolo lettore e l’adulto che l’accompagna scoprono insieme che basta poco per parlare dell’amicizia, della solitudine e dell’amore.

Sugli utilizzi in classe di questo piccolo capolavoro ci sarebbe molto da dire, ma mi limiterò a una rapida suggestione: a prima vista adatto solo a bambini molto piccoli (scuola dell’infanzia), rivela invece, a un esame accorto e approfondito, universi di senso che lo rendono per nulla banale anche con i più grandi (scuola primaria), magari combinando le attività di ascolto con quelle di scrittura e manipolazione del testo.

Piccolo giallo e piccolo blu ha vinto il premio Andersen 2001.

Cliccando qui è possibile scaricare un esempio di attività per la scuola dell’infanzia.