Il dio della racchetta. Il tennis di Roger Federer raccontato in nove colpi impossibili

dio_della_racchetta_copRoger Federer è uno dei campioni più grandi e vincenti dello sport moderno. Ancora più che dai risultati della sua straordinaria carriera, la sua grandezza deriva in primo luogo dal suo modo di interpretare il tennis, che rasenta la perfezione stilistica e che si pone in contrasto con i tratti dello sport attuale, ipertatuato, muscolare e rumoroso. Non è un caso che chi ha scritto su di lui abbia spesso accostato i suoi gesti a quelli di un artista, e i suoi colpi a silenziose opere d’arte di fulminante bellezza.

Su questa linea si pone anche il libro di Simone Fornara Il dio della racchetta. Il tennis di Roger Federer raccontato in nove colpi impossibili (Roma, Ultra Sport, 2017), che – ispirandosi alla descrizione che David Foster Wallace diede dei cosiddetti Momenti Federer – racconta il tennis del campione elvetico a partire dall’analisi di nove suoi colpi apparentemente impossibili. È infatti proprio la rigorosa analisi tecnica che permette di spiegare come Federer riesca a creare le condizioni per rendere possibile cio che pare impossibile, plasmando il tempo a suo favore. Ed è sempre l’analisi tecnica che porta l’autore ad argomentare, con costante ironia e in ragionamenti in bilico tra il filosofico e il religioso, tra la letteratura e lo sport, perché non sia così azzardato considerare i movimenti di Federer sul campo come manifestazioni del divino.

Il tutto, senza trascurare gli effetti comici che la visione dei colpi provoca in chi – come l’autore – soffre di una particolare forma della sindrome di Stendhal applicata al tennis: gloglottii, struzzificazioni, barriti e pianti dirotti ne sono i sintomi inconfondibili.

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Sul Dio della racchetta…

3 commenti su “Il dio della racchetta. Il tennis di Roger Federer raccontato in nove colpi impossibili”

  1. A proposito dello sport attuale, «ipertatuato, muscolare e rumoroso»: aggiungerei maleducato e becero, specchio perfetto della politica di oggi, coi suoi meccanismi imbecilli e falsi, e di questi tempi globalizzati e invivibili. Mi è piaciuto, durante la finale di Wimbledon 2017, il sostegno del pubblico – che era tutto dalla parte di Federer – allo sfidante Cilic nei lunghi minuti della sua crisi.

    A volte vien da dire, guardando lo sport o la politica, che sembra di essere in un teatro dell’antica Roma, dove pubblico e regnanti godono della sofferenza di ogni povero diavolo (o povero cristo), sia esso bestia o uomo.

    Assieme a pochi altri sport, il tennis è un bel modello anche educativo: perché c’è rispetto rispetto delle regole, dell’avversario e del pubblico. Un triangolo (scaleno!) quasi perfetto.

    1. Grazie, Adolfo, del commento! In effetti, sì, il tennis è uno sport nobile, d’altri tempi, in cui il rispetto è ancora fortissimo, sia tra i giocatori, sia tra il pubblico.
      Se poi si gioca sul Centrale di Wimbledon, il tutto assume un’aura di sacralità che altrove è impossibile trovare.
      Mi sa che avrei dovuto modificare il ringraziamento che ho messo in coda al libro, e che ti riguarda. Ma ormai è troppo tardi 🙂

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